I cani sanno contare? O possono impararlo?

I cani sanno contare? La tendenza ad antropomorfizzare è forte, ma vediamo cosa dicono gli esperti e quali sono i dati scientifici a supporto

Sul web ci sono moltissimi video che dimostrerebbero che i cani sanno contare. Si parlerebbe anche di abilità specifiche nelle operazioni di base come l’addizione e la sottrazione. Moltissimi sono i cani che si esibiscono in numeri sorprendenti, un po’ meno i felini che, per natura, tendono a ricercare maggiore indipendenza (anche se è giusto precisare che sono perfettamente in grado di amare).

Ma quanto c’è di vero in quello che vediamo? Quanto la nostra tendenza ad antropomorfizzare ci gioca brutti scherzi? Per fortuna, in molti casi, la scienza ci viene in soccorso è ci dà delle prove che attestano o smentiscono determinate convinzioni. Secoli di convivenza a strettissimo contatto con i nostri amici a quattro zampe, infatti, ci hanno fatto scoprire innumerevoli somiglianze con il mondo animale (e ridotto un gap comunicativo inevitabile tra due specie così diverse fra loro), ma ci ha anche portato a interpretare alcune circostanze nel modo sbagliato. È questo il caso?

I cani hanno bisogno di contare?

cane percettivo

Un approccio empirico parte dall’osservazione, ma ancor prima lo scienziato si pone in maniera critica rispetto alla situazione che vuole analizzare. Una ricerca ha dimostrato che sono molte le specie che popolano il mondo animale che sono nelle condizioni di contare. Anche i cani sanno contare, ma hanno davvero la necessità di farlo?

Gli esperti hanno trovato una risposta dopo una analisi attenta dello stile di vita condotto da un determinato animale e dai bisogni che cerca di soddisfare. Molti di loro contano per una questione di sicurezza e di protezione. Per essere sicuri di non correre pericoli.

Giusto per fare un esempio le api, gli orsi, i lupi (cugini dei cani) e i pesci lo fanno per avere un aiuto nella vita di tutti i giorni. I felini selvatici, invece, così come i leoni, mettono a rapporto i suoni con i numeri. Sono in grado di capire quanti di loro si stanno avvicinando e sfruttano questo dato come manovra di difesa in caso di attacco. Anche in questo caso si tratta di una forma di protezione.

Anche i cani sanno contare, a dimostrarlo è stato un recente studio scientifico che si è concentrato sui sistemi che interessano la percezione e le decisioni dei nostri amici a quattro zampe. L’aspetto che ci preme sottolineare è che è stato condotto senza alcun metodo invasivo o che potesse in qualche modo disturbare l’equilibrio psicofisico degli esemplari presi a campione.

La scienza a supporto

Al fine di monitorare in modo diretto ma non invasivo l’attività cerebrale dei soggetti analisi dello studio, il team di studiosi che hanno condotto la ricerca dalla Emory University si è interessato di addestrare 11 cani di razze diverse affinché entrassero di loro iniziativa in uno scanner per la risonanza magnetica. In questo modo la scansione è avvenuta senza alcuna restrizione e senza l’ausilio di sedativi o anestiti che avrebbero falsato i risultati registrati dalla macchina.

I cani sanno contare, ce lo dicono i risultati del test. Nello specifico è uscito fuori che i nostri amici a quattro zampe hanno l’abilità che gli permette di individuare la quantità degli oggetti. All’interno dello scanner sono stati sottoposti a differenti sequenze di punti su di uno schermo.

Otto degli undici esemplari che hanno fatto parte del campione hanno fatto registrare una attivazione maggiore di una specifica zona del cervello: stiamo parlando della corteccia parietotemporale. Questa situazione specifica situazione si è venuta a creare quando il rapporto tra le matrici di punti alternati era più dissimile rispetto a quando i valori numerici erano costanti.

Perché i cani contano?

cane che corre

Per dirla in parole povere questa determinata area cerebrale è utilizzata dal nostro amico a quattro zampe per comprendere in maniera rapida una specifica quantità di oggetti presenti. Ovviamente va contestualizzato il dato. Il nostro adorato Fido non si metterà a ricercare teoremi matematici e a risolvere i problemi che vengono assegnati ai nostri figlia scuola.

A lui serve sapere se ha cibo a sufficienza per sopravvivere oppure quanti sono i predatori che minacciano la sua incolumità. Certi istinti, per quanto ormai Bau sia addomesticato, si mantengono anche nei soggetti che hanno la fortuna di vivere in un caldo appartamento e che non si devono preoccupare di procacciarsi da mangiare. I cani da guardia lo sono anche all’interno delle mura domestiche.

“Il nostro lavoro non mostra solo che i cani usano una parte simile del loro cervello per elaborare il numero degli oggetti come fanno gli umani, ma dimostra che non hanno bisogno di essere addestrati per farlo“: a dirlo è stato Gregory Berns, professore di psicologia e autore dello studio.

Le capacità straordinarie di Fido

cane bianco e nero

Ancora una volta, a dispetto di quanto possano credere i più scettici, il nostro amico a quattro zampe ci ha dimostrato quante risorse può mettere in campo quando la situazione lo richiede. I suoi sensi sono talmente sviluppati da diventare preziosi in moltissime circostanze, arrivano anche dove noi non potremmo. Basti pensare al cane molecolare che ci aiuta nelle operazioni di ricerca dei dispersi dopo una calamità naturale.

I cani possono avvertire i terremoti prima che avvengano addirittura, sempre servendosi di quelle vibrazioni del terreno che sentono anche quando il nemico è in avvicinamento. Fido sarebbe un perfetto meteorologo, se solo potesse parlare e dirci quali sono i prossimi cambiamenti climatici.

Gli obiettivi futuri

cane al lago

I cani sanno contare e questo interessa molto ai ricercatori che sono ancora affamati di scoperte. Il fine principe della ricerca è quello di mappare in maniera non invasiva i sistemi percettivi e decisionali del cervello dei quadrupedi. In questo modo avranno più strumenti per prevedere con più probabilità il tasso di successo dei cani di servizio.

Ma dietro tutto questo – a detta del capo ricerca, il dottor Gregory Berns – c’è pure la volontà di conoscere più a fondo il processo evolutivo che ha spinto l’essere umano a elaborare dati matematici più complessi. Bipedi e quadrupedi sono separati da 80 milioni di anni di evoluzione, e questo è un aspetto assolutamente affascinante e da studiare. Chissà quali altre scoperte soprendenti conosceremo con la prossima pubblicazione in merito.

Articoli correlati